venerdì 14 ottobre 2011

Arancione

Un monaco disse a Joshu: "Sono appena entrato nel monastero. Per favore, dammi qualche consiglio".
Joshu chiese: "Hai mangiato la tua zuppa di riso?"
Il monaco replicò: "Sì, l'ho mangiata".
Joshu disse: "Allora faresti meglio a lavare la tua ciotola".
In quel momento il monaco si illuminò.

Siamo molto lontani dall’illuminazione, forse siamo appena entrati nel monastero… la prima cosa da fare è quella di riempire la ciotola, ancor prima di vuotarla e lavarla.
Senza distrazioni né esitazioni si prepari la



Zuppa di carote al coriandolo

Ingredienti per due
4 carote (350 gr)
1 mela verde
mezza cipolla
un gambo di sedano
1/2 lt di acqua
coriandolo (la punta di un cucchiaino)
olio
sale
pepe nero

Preparazione
Pulite le verdure e la mela, tagliatele a pezzetti e mettetele in una pentola con mezzo litro d'acqua. Aggiustate di sale.
Portate a ebollizione, abbassate la fiamma e fate bollire dolcemente per 30 minuti circa o, comunque, fino a cottura completa di tutti gli ingredienti. Unite il coriandolo, mescolate e versate nelle ciotole aggiungendo del pepe macinato.

Prima nota a margine: la ricetta è una delle variazioni sul tema della zuppa di carote proposte nel libro "soupes du jour" di Anne-Catherine Bley (foto nel post precedente)

Seconda nota a margine: questo è un Post Arancione

martedì 11 ottobre 2011

À la recherche de la recette perdue

Francamente anche noi credevamo di non farcela!
A guardare le date dall'ultima volta che ci siamo affacciati in questo non luogo, il tempo sembra passato come un fulmine, come dei neutrini impazziti a spasso in un tunnel infinito scavato nella memoria... oppure si è fermato per farci sprofondare in un buco spazio-tempo allungato, rilassato, che ha preso forme inusuali, arricchendo memoria e ricordi di migliaia di immagini, odori, sapori... insomma, tornare alla dimensione dell'abituale, del lavoro, dei ritmi consolidati, rapisce mente e corpo dai piaceri estemporanei, sempre presenti nella testa ma difficili da rendere forma condivisa e tangibile...

E così non serve contare i giorni dell'assenza, le notti dell'idea che fugge, le sere dell'oblio di un'estate che non vuol finire, serve invece incanalare il flusso positivo verso l'obiettivo, qualunque esso sia...

Certo, i ricordi freschi pesano, sono ferite ancora aperte nella pelle della memoria, che piano piano le rimargina, le incrocia con altre, le confonde, le mescola, fino a che non si ripassa per lo stesso luogo dove un coltello incide nuovamente là dove sembrava appena appena accennato un segno... una lama taglia e riapre la linea del ricordo, la rinfresca, la rigenera a immagine del passato... un coltello che mai sembra vero quanto quelli toccati e accarezzati l'altro giorno in un antro che i 200 anni di storia non hanno affaticato, anzi hanno nobilitato. Un luogo uguale a se stesso da secoli, questo è DEHILLERIN, un paradiso dove perdersi, un buco temporale dove affogare, tra centinaia, forse migliaia di oggetti cari a chi scrive, oggetti che la bramosia del collezionista vorrebbe incorniciare, classificare, archiviare, mentre la passione dell'artigiano desidererebbe toccare per usare, piegare, scaldare, far vivere per quello che è il loro destino: essere attrezzi, strumenti, estensioni delle mani e del pensiero di un cuoco!

Non servirebbe, ma fa bene, richiamare l'immagine delle scatole di stampini microscopici di tutte le forme, oggetti che a prima vista si direbbero da cucina per bambini, micro-ospiti di fantasie da un boccone... perle del palato... i francesi usano la stessa parola per lo stampino da forno e la conchiglia, la cozza in effetti... c'è una relazione tra le delicate madeleine e le coquille St. Jacques... certo, ma che si usava quando il silicone non c'era?

Il vagabondare luteziano non poteva fermarsi ai luoghi delle radici, di chi stava a fianco delle bettole impregnate di zuppa di cipolle intorno al vecchio mercato delle Halles, o sublimarsi tra i banchi di ostriche e champagne della festa della vendemmia su per il Sacro Cuore... così i percorsi sotterranei ci hanno portato in un angolo di ispirazione recente, ma con radici sicuramente lontane. Un angolo nato dalla voglia di cambiare di una donna, dall'idea di raccogliere l'energia prima in un libro e poi in un luogo, un prezioso angolo lontano dal caos della massa, una piega nella metropoli dove sedersi per gustare sapori ricercati e tranquillità a buon prezzo. Uno spazio di pochi tavoli, poche pretese, poche scelte, ma tutte da assaporare con i cinque sensi: "le bar à soupes" è questo!



Sei zuppe al giorno, sei gioielli nascosti, serviti con semplicità su piccoli tavoli colorati, una sosta per riposare, riscaldarsi, ricaricarsi. Un bicchiere di vino, un panino ai semi di papavero e una tazza fumante sono sufficienti per perdere la cognizione del tempo e dello spazio e ritrovare se stessi nei sapori e nei profumi, prima di ripartire alla battaglia contro la Metropoli famelica e frenetica!
Oggi non si cucina, oggi si scopre un angolo nascosto... e un libro dal quale vi proporremo suggestioni e emozioni, così come "le bar à soupes" ha regalato a noi a Parigi...